sabato 31 ottobre 2020

STEP #12 - Nel cinema

 



MEDICINE MAN (trad. Mato Grosso) diretto da John McTiernan - 1992

In una scena del film ambientato nella foresta pluviale amazzonica, Rae Crane (Lorraine Bracco), ricercatrice statunitense, e il medico Robert Campbell (Sean Connery) conducono degli studi per  la creazione di un farmaco per la cura del cancro e per le loro analisi utilizzano il gascromatografo. 

Nella scena riportata si vede il cromatogramma stampato dalla macchina con la rappresentazione dei picchi.



domenica 25 ottobre 2020

STEP #11 - I costruttori

 Le principali case costruttrici di gascromatografi sono:

1994, azienda italiana produttrice di strumentazione
per l'analisi elettrochimica in laboratorio


  
1925, società multinazionale giapponese di ingegneria
elettrica e software

1937, azienda statunitense che produce strumenti analitici, test genetici
e strumenti diagnostici, componenti di imaging medico,
software, strumenti e materiali di consumo per molteplici mercati finali



1988, multinazionale elettrotecnica svizzero-svedese con sede a Zurigo
e operante nella robotica, nell'energia e nell'automazione

1956, casa produttrice statunitense di strumenti di misura 

2006, azienda statunitense che produce strumenti, materiali e software
per l'industria farmaceutica e biotecnologica


1982, leader mondiale nella produzione di strumentazione elettronica


1936, azienda che si occupa di ricerca e sviluppo e 

della produzione di strumentazione analitica


1992, casa produttrice di apparecchiature e strumentazioni analitiche
high-tech e di alta precisione a livello globale


2010, azienda che si occupa di analisi di laboratorio
e produzione di strumenti di misurazione



1999, azienda statunitense produttrice di strumentazione analitica


1975, iniziò come distributore di analizzatori di idrogeno
solforato nel mercato del gas fino a diventare azienda
produttrice leader di sistemi di misurazione di gas e liquidi


































STEP #10 - I libri

A.J.P. MARTIN,  R.L.M. SYNGE, A new form of chromatogram employing two liquid phases, in « Biochemistry Journal» Anno 1941, fasc.35, p.1358


C.G. HORVATH, S.R. LIPSKY, Use of liquid ion exchange chromatography for the separation of organic compounds, in «Nature», Anno 211 (1966), fasc. 5050


C.G. HORVATH, B.A. PREISS, S.R. LIPSKY, Fast liquid chromatography: Investigation of operating parameters and the separation of nucleotides on pellicular ion exchangers, in «Analytical Chemistry», Anno 39 (1967), fasc.12


D. BOWYER, Chromatography analyses for lipids in clay, in WARREN P., Myrtos, an early Bronze Age settlement in Crete, London, Anno 1972, pp. 330-331


A. CAPPIELLO, G. FAMIGLINI, Analysis of thermally unstable compounds by a liquid chromatography/mass spectrometry particle beam interface with a modified ion source, in  «Analitical Chemistry», Anno 1995, fasc. 67, pp.412–419


B.G.J. BAARS, A. MILIAZZA, Introduzione pratica alla gascromatografia, Milano: Morgan, 1997


C. SHENDE, A. KABIR, E. TOWSEND, A. MALIK, Sol−Gel Poly (ethylene glycol) Stationary Phase for High-Resolution Capillary Gas Chromatography, in «Analitical Chemistry» Anno 2003, fasc.75, pp.3518-3530


M. ABDEL-REHIM, New trend in sample preparation: on-line microextraction in packed syringe for liquid and gas chromatography applications: Part I- Determination of local anaesthetics in human plasma samples using gas chromatography–mass spectrometry, in «Journal of Chromatography» Anno 317 (2004), fasc.321


M. ABDEL-REHIM, Z. ALTUN, L. BLOMBERG, Microextraction in packed syringe (MEPS) for liquid and gas chromatographic applications. Part II—Determination of ropivacaine and its metabolites in human plasma samples using MEPS with liquid chromatography/tandem mass spectrometry, in « Journal of Mass Spectrometry», Anno 2004, fasc.39, p.1488


C. PICCININI, Un anniversario da non dimenticare, in «Photofinish- scienze&tecnologia», Anno 87 (2005), fasc. 7


F. BIANCHI, F. BISCEGLIE, M. CARERI, S. DI BERNARDINO, A. MANGIA, M. MUSCI, Innovative sol–gel coatings for solid-phase microextraction: development of fibers for the determination of polycyclic aromatic hydrocarbons at trace level in water, in «Journal of Chromatography», Anno 2008, fasc.1196- 1197, pp.15-22 


V.R MEYER., Pratical High-Performance Liquid Chromatography,  New York :John Wiley & Sons, 2010



J.J. BROCKS,  J.M.  HOPE, Tailing of chromatographic peaks in GC–MS caused by interaction of halogenated solvents with the ion source, in «Journal of Chromatographic Science», Anno 2014,  fasc.52,  pp.471–475


D.C. HARRIS, C.A. LUCY, Quantitative Chemical Analysis, New York: Freeman and C, 2015, p.667.



 



STEP #09 - Gli inventori

Erika Cremer è stata la prima a studiare le basi teoriche della gas cromatografia e a costruire e utilizzare con successo, insieme al suo studente di dottorato Fritz Prior, il primo gas cromatografo.

Nata a Monaco di Baviera il 20 maggio 1900 in una famiglia attiva in ambito scientifico, si iscrisse all’Università di Berlino nel 1921 per studiare chimica e seguì le lezioni di Fritz Haber, Walther Nersnt, Max Plank, Max von Laue e Albert Einstein, tutti già Premi Nobel.

Foto di E. Cremer in laboratorio
https://ilblogdellasci.wordpress.com/tag/cromatografia/

Cremer ottenne il dottorato in chimica fisica nel 1927 sotto la guida di Max Bodenstein, discutendo una tesi sulla cinetica della reazione fra idrogeno e cloro.

Nel 1937 Cremer fu chiamata da Otto Hahn al Kaiser Wilhelm Institute for Chemistry per studiare i tipi di radiazioni emesse dai radioelementi concentrandosi in particolare sulla separazione isotopica. 

Con l’inizio della seconda guerra mondiale molti scienziati e professori maschi furono chiamati o richiamati nell’esercito e Cremer nel 1940 ottenne un posto di docente all’Università di Innsbruck in Austria. E’ a Innsbruck che Cremer concepisce i principi della gascromatografia e realizza il primo strumento

Il suo studente di dottorato Fritz Prior scelse l’idea di Cremer come argomento di tesi e continuò il lavoro con lei nel laboratorio della scuola dove lavorava. La ricerca fu completata e la tesi discussa nel 1947 dimostrando la messa a punto di un nuovo metodo strumentale di analisi qualitativa e quantitativa per gas e vapori. 

Nello stesso anno, due articoli sul lavoro di Cremer furono pubblicati ma la comunità scientifica tedesca sembrò darvi poco peso o ignorarli del tutto.

Negli stessi anni Martin e Synge scoprirono la cromatografia di ripartizione liquido-liquido e gli fu assegnato il premio Nobel per la Chimica 1952. Costoro erano completamente all’oscuro dei primi lavori di Cremer, poichè i risultati furono per lo più presentati ai convegni della società chimico fisica tedesca e furono pubblicati in tedesco in riviste relativamente poco conosciute, in un periodo di tempo in cui la lingua scientifica era già largamente l’inglese; va poi ricordato che nei primi anni del dopoguerra la comunicazione tra scienziati inglesi e tedeschi era scarsa.

Foto di A.J.P. Martin
https://it.wikipedia.org/wiki/Archer_John_Porter_Martin


Foto di R.L.M. Synge
https://it.wikipedia.org/wiki/Richard_Laurence_Millington_Synge

Negli anni successivi, grazie anche all’applicazione nell’industria petrolifera per la separazione degli idrocarburi isomerici, la tecnica gascromatografica si diffuse ampiamente e il lavoro di Cremer ottenne lentamente il riconoscimento che meritava.

Fino alla morte, avvenuta nel 1996, Erika Cremer rimase attiva nella ricerca in gascromatografia.



https://ilblogdellasci.wordpress.com/tag/cromatografia/


STEP #08 - I materiali

I componenti del gascromatografo sono realizzati con diversi materiali, ma sono quasi tutti contenuti all'interno dello strumento, quindi esternamente è solo visibile una scocca di plastica che ospita al suo interno più componenti. Di seguito sono elencati i vari materiali:

-Il carrier, cioè la bombola contenente il gas inerte, è in acciaio. Solitamente questa bombola è separata dallo strumento, non compare quindi nelle foto presenti sul blog. 

-L'iniettore, cioè la siringa che introduce il campione nella colonna cromatografica, può essere situato all'interno dello strumento oppure esternamente, nel caso in cui fosse automatico. In entrambi i casi è in vetro, ma nel secondo caso, essendo esterno, è rivestito da una scocca in plastica.

-La colonna cromatografica (o colonna capillare), posta all'interno della camera termostatata, è costituita da un tubo capillare in vetro, acciaio inox, silice fusa con rivestimento esterno di nylon

-La camera termostata, il cuore della macchina, è sostanzialmente un forno ventilato. Esternamente è rivestita da una scocca di plastica, mentre internamente sia le pareti che la ventola sono in acciaio. All'interno di questo forno è disposta la colonna capillare. 

-Il rilevatore (detector) può essere di diversi tipi (a conducibilità termica, a ionizzazione di fiamma, a cattura di elettroni, a fotoionizzazione, a fiamma fotometrica. o termoionici) ma sono tutti accumunati da valvole, filamenti e componenti in metallo.

-Il registratore è un apparecchio dotato di display che riceve i dati dal rilevatore e stampa un cromatogramma; anch'esso quindi esteriormente è rivestito da una scocca in plastica e all'interno è dotato di circuiti, invece il display è di vetro


Interno di un gascromatografo in cui è visibile, di color mattone, la sottile colonna capillare avvolta a spirale attorno al sostegno metallico, e sul fondo, la ventola del forno. Nella parte superiore sono visibili le estremità della colonna che portano all'iniettore (a sinistra) e al rilevatore (a destra).
https://it.wikipedia.org/wiki/Gascromatografia



Gascromatografo con iniettore esterno
https://studiochimicoambientale.it/tecnologie/gascromatografia/gascromatografo-perkinelmer/2,1403182,13056

Gascromatografo con iniettore interno
https://www.directindustry.it/prod/agilent-technologies-life-sciences-and-chemical/product-32598-1099433.html



I materiali sopra citati sono entrati nella storia delle cose a seguito di diversi avvenimenti. Ad esempio il vetro, secondo quanto racconta Plinio, è stata una scoperta accidentale di alcuni mercanti fenici presso le rive del fiume Belo intorno al 5000 a.C. ; oggi questo materiale viene utilizzato per moltissime funzioni quali finestre, contenitori, gioielli ecc. 

Il primo tipo di acciaio di cui si ha notizia  viene fatto risalire al 300 d.C. in India; ad oggi esistono moltissimi tipi di acciaio a seconda della funzione degli oggetti che si realizzano con questo materiale.
I polimeri, invece, sono molto più recenti rispetto alle scoperte citate prima. Infatti i primi studi sui polimeri si devono a Henri Braconnot nel 1811 che riuscì ad ottenere dei composti derivanti dalla cellulosa, successivamente Leo Hendrik Baekeland nel 1909 realizza la prima plastica interamente sintetica e da quel momento sono nate tante tipologie di polimeri come il cellofan, scoperto nel 1912, il teflon, scoperto nel 1950 e molti altri. Gli studi più recenti sui polimeri sono incentrati sulla ricerca di una struttura polimerica più sostenibile dal punto di vista ambientale.


STEP #07 - Il mito

MITO MODERNO SUL GASCROMATOGRAFO

La gascromatografia e la degustazione del vino

Alcuni credono che la degustazione sia un raffinato, spesso spettacolare, esercizio di finzione, nel quale il degustatore fa sfoggio di un vocabolario evocativo e ben nutrito di aggettivi e sostantivi, raccontando di sapori e profumi che sente solamente lui, o che finge di sentire. Per altri è un esercizio serissimo, un'indagine analitica svolta attraverso i sensi con lo scopo di comprendere le qualità del vino, il suo territorio, caratteristiche produttive, corrispondenza di tipo e determinazione della qualità in senso generale. La valutazione e il condizionamento soggettivo partecipano inevitabilmente al processo della degustazione - indipendentemente dalla sua finalità - un fattore che diventa meno influente con l'aumentare della professionalità e dell'esperienza del degustatore. Le due definizioni, poste agli estremi, si possono considerare entrambe vere. C'è chi finge, c'è chi fa sul serio, così come c'è chi si improvvisa e chi è competente, come nella vita, come nel gioco.

Visto che il racconto del vino è spesso soggettivo, evocativo, interpretato in funzione dei propri interessi e dai propri modi di raccontarlo, qualcuno potrebbe chiedersi se esiste veramente un modo oggettivo e attendibile. La risposta potrebbe essere semplice e scontata: analisi chimica e gascromatografia. Con l'analisi chimica è possibile determinare la presenza e la quantità delle sostanze che compongono il vino, mentre con la gascromatografia si determina la presenza e la quantità delle sostanze volatili, in altre parole, i suoi profumi. Questo è infatti il metodo impiegato dai laboratori di analisi - così come dalle cantine, che spesso hanno un laboratorio di analisi interno - per determinare la presenza e la quantità di componenti chimici e organici presenti nel vino. Il risultato dell'analisi consente di sapere, con esattezza, la composizione di un vino e la sua corrispondenza con le varietà presenti e dichiarate, natura dei pregi e difetti.

Questo tipo di approccio si potrebbe considerare come la soluzione definitiva al racconto del vino. La freddezza dei risultati metterebbe a tacere ogni tipo di contestazione: dichiarare di percepire l'aroma di banana in un vino nel quale - analisi chimiche alla mano - non è stata rilevata la presenza dell'acetato di isoamile, equivale a non rendere attendibile quel racconto. In realtà le cose non sono così semplici come sembrano, anche perché l'aroma di banana non è determinato solamente dall'acetato di isoamile, nonostante questo sia il componente principale. L'analisi chimica di un vino determina infatti la presenza e la quantità delle sostanze che lo compongono, qualcosa che è ben diverso dalla percezione sensoriale. Il gusto e i sensi, così come le emozioni, non si basano unicamente sulla presenza e sulla quantità degli stimoli che lo determinano. È una relazione estremamente complessa, nella quale l'interazione, l'intensità e la forza dei singoli stimoli - sapori, aromi e percezioni tattili - concorrono a creare il gusto come un unico fenomeno sensoriale.

Non è sufficiente sapere che in un alimento o in una bevanda è presente lo zucchero per definirla dolce. Questo dipende dalla sua quantità in funzione delle altre sostanze che compongono l'alimento o la bevanda. Per esempio, se lo zucchero è presente in quantità eccessiva, lo stimolo che riceveremo sarà certamente dolce ma anche stucchevole, perdendo quindi la sua piacevolezza. La percezione del buon gusto - così come di un buon profumo - è quindi determinato da una condizione che difficilmente si può stabilire in modo analitico e chimico: l'equilibrio. L'armonia fra i vari stimoli e la loro relazione è impossibile da definire in modo “scientifico” poiché ognuno di noi ha il proprio riferimento di percezione, così come sensibilità e tolleranza, alla piacevolezza dei singoli stimoli. Ognuno ha il proprio gusto. Si può eventualmente definire un concetto di equilibrio oggettivo, ma è certo che questo non può essere considerato come una regola assoluta valida per chiunque. Per esempio, c'è chi stravede per il Pinot Nero, chi lo detesta, chi ritiene che il Merlot sia la migliore uva del mondo, chi invece crede sia solo un'uva molto accomodante e poco espressiva.

Non esiste, pertanto, un modo giusto e un modo sbagliato di raccontare il vino, così come non esiste un modo giusto e un modo sbagliato di affrontare la degustazione sensoriale. Dipende sempre dal tipo di risultato che si vuole ottenere e, soprattutto, la finalità d'uso, la sua destinazione finale. Le regole assolute non esistono, così come non esiste il vino migliore. Il migliore non esiste, semplicemente. Concetto estremamente relativo e fin troppo spesso soggettivo, la definizione di “migliore” non si sottrae di certo a questo principio. Ognuno ha il proprio “migliore”, ognuno ha il proprio vino del cuore, ognuno ha il proprio modo di raccontare, ognuno ha il proprio modo di ascoltare il vino e il suo racconto. In definitiva, il racconto del vino non si sottrae alle più elementari regole della comunicazione. Serve qualcuno che racconta, qualcuno che ascolta, e - per essere veramente efficace - si deve usare una lingua e un linguaggio comune, un linguaggio che entrambi non solo comprendono, ma che, soprattutto, sentono.


Per leggere il testo completo: http://www.diwinetaste.com/dwt/it2011053.php

martedì 20 ottobre 2020

STEP #06 - Il simbolo

Il gascromatografo può essere collegato a molti simboli, tra i quali:


GAS SOTTO PRESSIONE
Il gascromatografo utilizza bombole di gas inerte sotto pressione, quindi è ricollegabile al segnale di presenza di gas sotto pressione



LA FOGLIA
Come già citato in un post precedente, la gascromatografia si basa sulla cromatografia, scoperta da M. Tswett proprio grazie a una foglia. Tswett infatti prelevò un estratto vegetale da una foglia e riuscì con questa tecnica a separare da esso la clorofilla. 
Secondo me quindi la foglia può rappresentare l'origine della cromatografia e quindi anche della gas cromatografia.








lunedì 19 ottobre 2020

STEP #05 - Il principio fisico (parte II)

IL PRINCIPIO FISICO DEI RILEVATORI

In questo post viene analizzato nel dettaglio il principio fisico dei rilevatori; infatti ne esistono di diversi tipi e si differenziano proprio in base al loro principio fisico.

  • rilevatore a conducibilità termica (TCD), è costituito da due filamenti riscaldati elettricamente e mantenuti a temperatura costante. Su uno scorre il gas di trasporto puro, sull'altro scorre il gas in uscita dalla colonna. Quando una sostanza viene eluita, il secondo filamento subirà un raffreddamento o un riscaldamento rispetto al primo per via del calore più o meno facilmente asportato dal gas contenente la sostanza eluita. Tale variazione di temperatura si riflette in una variazione di resistenza, che viene amplificata e rappresenta il segnale del rilevatore. 


Rilevatore TCD


  • rilevatore a ionizzazione di fiamma (FID), il gas di trasporto in uscita dalla colonna viene mescolato a idrogeno, e ossigeno (o aria). Nella fiamma, quando una sostanza viene eluita, i vapori combusti vengono caricati elettricamente producendo ioni che vengono raccolti sulla superficie del rilevatore producendo una corrente elettrica che, amplificata, rappresenta il segnale del rilevatore. Nonostante il suo essere cieco a tutte le sostanze che non bruciano (ad esempio, l'acqua), il FID è uno dei rilevatori più diffusi perché molto robusto


Rilevatore FID


  • rilevatore a cattura di elettroni (ECD), viene utilizzato un radioisotopo come sorgente (raggi beta). Composti contenenti atomi elettronegativi, fortemente assorbenti il flusso di elettroni tra la sorgente ed un rivelatore di elettroni, possono venire visualizzati via via che eluiscono dalla colonna gascromatografica. In genere queste molecole sarebbero scarsamente visibili con altri rilevatori: ad esempio molti composti alogenati oltre a non bruciare sono addirittura estinguenti la fiamma, e porrebbero dei problemi ad un FID.


Rilevatore ECD 

  • rilevatore a fotoionizzazione (PID), fotoni ad alta energia, ultravioletti provenienti da una lampada a idrogeno di 10,2 eV o ad argon di 11,7 eV, ionizzano positivamente le molecole dei composti eluiti. Tali sorgenti ionizzano le specie che hanno un potenziale di ionizzazione al di sotto dell'energia della lampada. I composti con un potenziale superiore non assorbono l'energia e perciò non vengono rivelati, dopodiché la corrente elettrica prodotta viene raccolta da un paio di elettrodi polarizzati, amplificata e misurata: maggiore è la concentrazione del componente, più ioni vengono prodotti, maggiore è la corrente rivelabile. Il rivelatore è più sensibile nei confronti degli idrocarburi e degli organosolfuri aromatici o verso i composti organofosforici che sono facilmente fotoionizzati.
  • rilevatore a fiamma fotometrica (FPD) e termoionici (TSD), sono dei dispositivi dotati di elevata specificità per elementi quali l'azoto, il fosforo e lo zolfo. Il rivelatore a fiamma fotometrica sfrutta l'emissione di una radiazione di chemiluminescenza prodotta dalla combustione in fiamma di idrogeno di composti contenenti zolfo e fosforo. Il rivelatore termoionico sfrutta una parziale pirolisi attuata sempre tramite bruciatore a fiamma idrogeno/aria ma in questo caso viene misurata la corrente prodotta dai radicali CN e PO, derivanti da composti contenenti azoto e fosforo, che formano ioni CN- e PO- acquisendo elettroni da una sferetta di metallo alcalino (come il rubidio) che costituisce un catodo posto superiormente alla fiamma stessa.


STEP #05 - Il principio fisico (parte I)

La gascromatografia come tutte le cromatografie, si basa sulla ripartizione dei componenti di una miscela tra una fase stazionaria ed una fase mobile, in funzione dell'affinità di ogni sostanza con la fasi.

Il gascromatografo è costituito da una bombola che contiene il gas che costituisce la fase mobile (carrier), questo viene purificato prima di essere inserito nella colonna cromatografica. La colonna cromatografica contenente la fase stazionaria è posta all’interno di una camera opportunamente termostatata (forno) allo scopo di tenere in fase gassosa i vari costituenti della miscela da separare. Tramite l’iniettore si inietta la miscela in fase gassosa da analizzare in colonna, nella quale avviene la separazione del composto. Alla fine della colonna viene posto un rivelatore in grado di evidenziare le varie sostanze che fuoriescono in tempi diversi emettendo un segnale con una intensità proporzionale alla loro concentrazione. Il segnale viene poi registrato da uno strumento che darà così luogo al cromatogramma, composto da vari picchi che rappresentano l'eluizione dei singoli analiti.

I gas più comunemente usati come carrier sono: azoto, elio, argon. Per una questione di reperibilità e di costi, generalmente si usa l’azoto.


I meccanismi basilari di separazione che si sfruttano in gascromatografia sono adsorbimento e ripartizione tra le fasi:

  • adsorbimento: la fase stazionaria è un solido sulla cui superficie si trovano dei siti attivi in grado di stabilire una serie di legami secondari (dipolo-dipolo, ponte idrogeno, Van der Waals, dipolo-dipolo indotto, ecc.) con le diverse molecole della miscela da risolvere, si parla perciò di cromatografia gas-solido.

  • ripartizione: se la fase stazionaria è liquida si verifica una vera e propria solubilizzazione delle sostanze nella fase stazionaria che si ripartiscono tra le due fasi immiscibili. Si parla di cromatografia gas-liquido.


Bibliografia:

B.G.J. BAARS, A. MILIAZZA, Introduzione pratica alla gascromatografia, Milano: Morgan, 1997




venerdì 16 ottobre 2020

TIPOLOGIE DI COLONNE CROMATOGRAFICHE

La colonna cromatografica è il fulcro del gascromatografo, dove avviene la separazione effettiva dei componenti che compongono una miscela; per questo motivo ho pensato di dedicarle un post.

Come già detto in altri post, la gascromatografia consiste nella separazione di una miscela nei suoi componenti grazie al fatto che questi si legano a due fasi: una fase mobile, il gas, e una fase stazionaria, presente all'interno della colonna, la quale è contenuta in un forno termostatato. Legandosi a queste fasi quindi si dividono e vengono rilevati dal detector, una volta che fuoriescono dalla colonna. 

Le colonne possono essere di due tipologie: impaccate e capillari.

Le colonne impaccate sono simili a quelle della tradizionale cromatografia, cioè tubi di teflon, acciaio o vetro borosilicato disattivato di diametro dell'ordine del centimetro e con una lunghezza che può variare dal metro fino ai 10 metri, piegati a spirale o a U e riempiti con la fase stazionaria costituita da un solido di supporto ed un liquido non volatile.

Il solido di supporto è spesso gel di silice, allumina o carbone, che viene impregnato del liquido che costituisce l'effettiva fase stazionaria. La scelta del liquido è in funzione dei composti che si vogliono separare. In genere si usa squalene, olio o grasso di silicone, glicoli polietilenici, oli di vaselina o trietanolammina, ma la scelta è estremamente ampia.

Le colonne capillari invece sono sottilissimi tubi di silice fusa di diametro generalmente non superiore agli 0,53 millimetri e di lunghezza non inferiore ai 10 metri (fino a 150–200 m) avvolte a spirale su un supporto metallico. La fase stazionaria è spalmata in maniera uniforme sulla superficie interna della colonna, dove forma un film di spessore costante che, a seconda della capacità di carico della colonna, varia generalmente tra 0,5 e 2,5 µm.

Esistono diversi tipi di colonne capillari, di cui i più importanti sono:

  • WCOT (Wall Coated Open Tubular): dove la fase stazionaria viene adesa alle pareti del capillare;
  • SCOT (Support Coated Open Tubular): in cui la fase stazionaria è ancorata ad un supporto;
  • PLOT (Porous Layer Open Tubular): in cui la fase stazionaria solida riveste la parete interna del capillare.

Il film è spesso costituito da siliconi modificati su cui sono inseriti vari gruppi funzionali, in funzione della classe di composti da analizzare. Le diverse fasi stazionarie si differenziano in primo luogo per la diversa polarità: le interazioni tra soluto e fase stazionaria sono maggiori quanto più simile è la loro polarità. Proprio per questo motivo, sostanze che risulteranno avere una polarità simile alla fase stazionaria saranno maggiormente trattenute in colonna. 


https://it.wikipedia.org/wiki/Gascromatografia

STEP #04 - La scienza

La gascromatografia è un metodo fisico di separazione, utilizzato in chimica analitica, che permette di frazionare una miscela nei suoi componenti sfruttando la differente distribuzione fra due diverse fasi, mobile e stazionaria, messe a contatto utilizzando un gascromatografo. 

Questa scienza fu inventata intorno al 1940 da Erika Cremer, che basandosi sugli studi di cromatografia liquida di adsorbimento, che venivano effettuati in quel momento, pensò che un gas di trasporto inerte avrebbe avuto lo stesso ruolo del solvente usato come fase mobile in cromatografia liquida. In quel periodo i biochimici Martin e Synge inventarono la cromatografia, scienza che si basa su un processo di separazione molto simile alla gascromatografia, grazie alla quale vinsero il Premio Nobel per la chimica nel 1952.


Principio della cromatografia, che ispirò Erika Cremer




STEP #03 - Il glossario



Carrier
: bombola di gas chimicamente inerte collegata all'iniettore, che fornisce il gas allo strumento.

Iniettore: microsiringa che introduce piccole quantità del campione nella colonna cromatografica. Esistono diversi tipi di iniettori in base al tipo di analisi da effettuare, al campione e al tipo di colonna cromatografica presente nello strumento. Nei gascromatografi moderni è presente un iniettore automatico, chiamato autocampionatore, per ottimizzare i tempi.

Camera termostatata (oven): forno nel quale è inserita la colonna cromatografica per scaldare le miscele al suo interno e nella quale avviene la divisione nei suoi componenti del campione.

Colonna cromatografica: colonna capillare formata da capillari di silice fusa con diametro di pochi millimetri. Un'estremità della colonna è collegata con l'iniettore e l'altra con il rilevatore.

Rilevatore (detector): dispositivo posto subito dopo la colonna che rileva la presenza dei componenti in cui è stato diviso il campione, una volta usciti da essa. Ne esistono di vari tipi e si differenziano per il principio fisico che utilizzano (spiegato nel dettaglio in un post successivo https://sc256646.blogspot.com/2020/10/step-05-il-principio-fisico-parte-ii.html) :

  • rilevatore a conducibilità termica (TCD), 
  • rilevatore a ionizzazione di fiamma (FID)
  • rilevatore a cattura di elettroni (ECD)
  • rilevatore a fotoionizzazione (PID)
  • rilevatore a fiamma fotometrica (FPD) 
  • rilevatore termoionico (TSD)

Registratore: strumento che riceve il segnale dal rilevatore e realizza il cromatogramma

Cromatogramma: rappresentazione bidimensionale, in funzione del tempo, della quantità di sostanza che eluisce dalla colonna


Schema del processo di una gascromatografia
Illustrazione dei componenti
https://www.researchgate.net/figure/Schematic-diagram-of-the-main-components-of-a-gas-chromatography-system-Philadelphia_fig3_273134301


https://it.wikipedia.org/wiki/Gascromatografia#Rivelatori_o_detector

https://people.unica.it/filippomariapirisi/files/2010/09/Chim-Anal-5.pdf

https://www.e-santoni.edu.it/wp-content/uploads/2019/10/qacs_gascromatografia.pdf



STEP #02 - L'immagine


Foto storiche in cui è presente il gascromatografo:


Primo gas cromatografo dell'azienda Catas
1970
 https://catas.com/it-IT/area-press/archive


Primo gas cromatografo dell'azienda Catas
1970
 https://catas.com/it-IT/area-press/archive


Foto sul The Winonan (Student newspaper of Winona State University)
September 29, 1982
https://openriver.winona.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1063&context=thewinonan1980s


Al giorno d'oggi l'aspetto dello strumento è questo:

Gascromatografo con iniettore esterno


Gascromatografo con l'iniettore all'interno dello strumento


domenica 11 ottobre 2020

STEP #01 - Il nome

Gascromatògrafo s. m.

Apparecchio per gascromatografia


Il termine è la composizione di gas e cromatografo. Sec. XX

Il temine cromatografia deriva dal greco χρώµα, colore, e γραφή, scrittura


Il gascromatografo è uno strumento utilizzato a livello mondiale, pertanto sono presenti numerose traduzioni, eccone alcune:


Inglese: Gas-chromatograph 


Spagnolo: Cromatógrafo de gases


Francese: Chromatographe en phase gazeuse


Tedesco: Gaschromatographen


Portoghese: Cromatógrafo a gás


Polacco: Chromatograf gazowy


https://www.treccani.it/vocabolario/gascromatografo/